Gender: verso un mondo post-umano?

Il numero marzo-aprile 2015 del periodico Italicum, che potete scaricare gratuitamente dalla pagina dei downloads

Italicum marzo-aprile 2015

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Decostruzione del maschio occidentale secondo l’ultraliberismo

de Il Poliscriba
Il circo mediatico è del tutto “incorporato” (in inglese si direbbe embedded) nelle scelte strategiche delle oligarchie finanziarie che dominano il pianeta, e parlare di “opinione pubblica” è del tutto illusorio. (Costanzo Preve)
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Non farò, in questa sede, una trattazione del femminismo, già ampiamente analizzato da pensatori più preparati e illustri del sottoscritto.
Mi soffermerò – nell’ambito della corretta analisi di Guy Debord ne La società dello spettacolo, a mio avviso corollario conseguente all’uomo monodimensionale marcusiano e del post-nicciano harakiri della Scuola di Francoforte (nel senso suicida della stessa di fronte all’impotenza che esprimeva con i suoi metodi e il suo lessico filosofico, già anacronistici rispetto alla filosofia stessa e ai tempi in cui si collocava, completamente e rapidamente assorbiti dalla volontà di potenza tecnica) – sulla capacità di consumo maschile, all’interno del Mondo Mercato Globalizzato e sulla sua dis-funzione estetico-etologica, funzionale all’incremento della produzione di beni effimeri a discapito di quelli utili e duraturi.

Voglio porre l’attenzione sulla transizione da un’economia maschile a una femminilizzante-infantilizzata, conseguenza “inevitabile” della decostruzione antropologica del maschio occidentale (europeo-anglo-americano-nipponico) e della caduta inevitabile del saggio di profitto inerente alla meccanica fordista prima e taylorista dopo.

Ma andiamo con ordine.

Ci troviamo, anche se ancora per poco, in una condizione semipacifica all’interno dei confini ideologici di un mondo ludico-estetico voluto dalle oligarchie-finanziarie, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, dopo gli ultimi rigurgiti sessantottardi e l’esplosione della febbre del sabato sera proto-new-age, che diedero la stura al desiderio narcisista totalizzante, pandemia sociale che travalicò e trascinò con sé qualunque aspirazione collettivista, aiutata anche dall’implosione del blocco socialista sovietico.
I vari fenomeni sociali triti e ritriti di cui si è discusso alla nausea, caratterizzanti la società del “benessere”, sembrano destinati a esaurirsi dopo lampante fallimento della loro promessa di ricchezza maggiorata generazione dopo generazione(crescita economica ad libitum) e pacifista omninclusiva, a causa delle pressioni terroristiche di matrice islamico-maschilista che, a ragione, indicano nella nostra declinazione da una società solida a una liquida (Bauman), da una materiale a una simbolica (Baudrillard), da una di controllo centralizzato a una di controllo differito (Foucault), la nostra malattia terminale.

I consumatori tipo di una tale economia a crescita infinita, per i guru succedutisi e sfornati dai prestigiosi atenei aderenti alla visione liberista del Mondo Mercato, debbono essere: eterni bambini, individui fortemente autoreferenziali, capricciosi, indottrinati nell’arte del self made boy/girl, androgini e schiavi.

L’intero apparato globale semantico-simbolico-pubblicitario (600mld di euro l’anno per mantenerlo a livello globale, quanto le spese militari degli USA) deve essere saldamente ancorato nel sistema nervoso centrale e periferico del bambino in modo da bloccarne lo spirito di ricerca e di affrancamento consapevole del sistema produci-consuma-crepa.
La caratteristica di tale pratica dell’ ipnosi, affine all’illusionismo, spinge l’adolescente prima e l’adulto poi, di entrambi i sessi, a regredire verso l’infanzia e, se possibile, alla vita uterina, all’interno di una sorta di indistinta condizione biologica fetale.

I premi all’adesione incondizionata e apparentemente non coercitiva all’apparato propagandistico, sono palesati dai costanti sorrisi propinati da ogni dove mediatico e dall’abolizione/abbandono sistematico di un’educazione famigliare/scolastica rigida, per una morbida e flessibile, fino al limite dell’anarchia.

Il maschio è condizionato a intraprendere una via sessualmente differenziata; a umiliare la sua inclinazione etologica aggressiva (Lorenz) su base genetica (Dawkins), circoscritta da regole di convivenza alle quali ha scelto di sottostare per motivi inerenti alla sopravvivenza individuale e del gruppo, più che per una vocazione perbenista; a non sentirsi predatore/cacciatore, sia nell’ambito alimentare (difesa di animalismo-vegetarianesimo-ecologismo acritico) che in quello sessuale (rinuncia al corteggiamento e all’esibizione di elementi di forza fisica ).

La qualità umana più richiesta alla parte maschile della società è remissiva/protettiva, una protezione che, si badi bene, deve essere il più aderente possibile a un’obiezione di coscienza o a una resistenza passiva da porgi l’altra guancia e perdona 70 volte 7: lo si vede anche con la denigrazione mediatica di quei padri di famiglia che si difendono sparando agli aggressori armati, in difesa dei loro cari e della loro proprietà, non potendo fare affidamento sulle forze dell’ordine, ormai “conniventi involontari” del disordine sociale.

Inevitabile che, per ottenere una riduzione della carica testosteronica del maschio, l’elemento endocrinologico che nessuna propaganda-simulacro avrebbe potuto depotenziare, si sia ricorso, negli ultimi 40 anni:

– all’eliminazione del servizio di leva obbligatorio
– alla liberalizzazione delle droghe
– all’esaltazione delle dipendenze da gioco d’azzardo, elettronico/playstation, pornografia, alcolismo e fumo ai minorenni
– al continuo propugnare la sessualità come desiderabilmente plasmabile dall’ambiente, negando una sessualità bipolare maschio-femmina congenita e naturale, bollata come antiscientifica
– alla mascolinizzazione della donna

L’ultraliberismo si pasce di questo effetto femminilizzante-infantilizzante del maschio, dal bambino all’adulto, per creare dipendenze compulsive, fattori di forte destabilizzazione maschile, ma decisamente emotivo-compensative.

Al momento, nei confini del nostro Mondo Mercato, non vi sono condizioni e spinte endogene per invertire il processo che ho descritto.
Effettivamente, mi duole dirlo, l’Islam integralista, attualmente, ha il potere di risvegliare quel polo maschile occidentale che non trova nella nostra società indebolita, come sopraesposto, la naturale e corretta espressione virile.
Purtroppo, stanno aumentando i figli maschi del nostro femmininfantile mondo, che sognano gloria e martirio sotto l’egida del califfato universale.
Forse, la prima grande decadenza che non si è ancora conclusa, è quella che ha trascinato l’eroe terreno omerico, sulla via di una santità metafisica islamica, esaurita quella giudeo-cristiana, che non potrà che condurci al crepuscolo finale della ragione, pura o pratica che sia.

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Isis, Ucraina, Grecia, e l’Europa che non c’è

Il numero gennaio-febbraio 2015 del periodico Italicum, che potete scaricare gratuitamente dalla pagina dei downloads

Italicum gennaio-febbraio 2015

Italicum gennaio-febbraio 2015

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L’era del post-umano

Organizzato dal Circolo Proudhon Edizioni

Sabato 14 marzo 2015, dalle 10 alle 13

TEATRO UMBERTO DI ROMA
Via della Mercede 50 (Centro storico) il
CONVEGNO
L’era del post-umano
Tecnica, Ideologia e Società nel XXI secolo

INTRODUCONO
Lorenzo Borré (presidente del Circolo Proudhon Roma)
Sebastiano Caputo (direttore de L’Intellettuale Dissidente)

MODERA
Lorenzo Vitelli (direttore del Circolo Proudhon Edizioni)

PROGRAMMA

  • Ore 10.00: Introduzione espositiva dei temi del convegno.
  • Ore 10.15: Prof. Paolo Becchi, Università degli Studi di Genova, redattore Il Fatto Quotidiano: “Dimensioni del transumano. Verso una nuova specie post-organica?”
  • Ore 10.35: Alain de Benoist, saggista, direttore delle riviste Nouvelle Ecole e di Krisis: “Contro l’ideologia gender”
  • Ore 11.00: Dott.ssa Giuseppina Barcellona, Università degli Studi di Enna “Kore”: “La strategia dei diritti e la perdita della sovranità”
  • Ore 11.20: Éric Zemmour, saggista, editorialista di Le Figaro: “Svirilizzazione dell’uomo e femminilizzazione della società”
  • Ore 11.45: Diego Fusaro, filosofo, ricercatore all’Università San Raffaele di Milano: “La distruzione capitalistica della famiglia”
  • Ore 12.05: On.le Tiziana Ciprini, deputato Movimento 5 Stelle: “Contaminazione dei ruoli di genere e trasformazione della società”
  • Ore 12.25: On.le Lorenzo Fontana, europarlamentare Lega Nord: “La via europea alla disgregazione della famiglia”

“Il XXI secolo segna il passaggio al “Muro del Tempo”, dell’epoca in cui un modello antropologico della società basato sulla famiglia e la filiazione naturale, affronta la sfida di quanti, dietro lo slogan dei “diritti civili”, ne propugnano il superamento se non addirittura l’abbattimento. La visione fondata su un legame sociale che crea una nuova vita come atto d’amore, rischia dunque di cedere il passo a un processo di produzione del vivente, articolato sulla manipolazione genetica, che impone la Tecnica come sostituto della Natura, alimentandosi dalla superbia e dal potere economico di alcuni gruppi di pressione, veicolati come diritti.

L’uomo e la donna vengono dunque spersonalizzati e ridotti al rango di strumenti per la produzione di una merce: il bambino. Sul piano semantico invece, vengono stravolti i significati di parole come “padre” e “madre”, per trasformarle in termini burocratici, indicanti una funzione avulsa dal ruolo, propria delle nuove forme di famiglie fondate sulla produzione artificiale di un “figlio” a tutti i costi.

Le obiezioni che, da più parti, si levano verso questa deriva post-umana e i suoi relativi pericoli, vengono stroncate con l’arma di ricatto del “reato d’opinione”, e attraverso l’indottrinamento, a partire dalle scuole materne, della teoria del superamento degli “stereotipi di genere”.

La linea di resistenza è segnata, starà a ciascuno di noi decidere da che parte stare; certo non si potrà restare indifferenti in un confronto in cui è in gioco l’idea di uomo e, in estrema sintesi, il suo destino di poter essere libero e consapevole.

Se ne parlerà al nostro convegno”.

INGRESSO LIBERO FINO AD ESAURIMENTO POSTI

*I relatori francesi verranno tradotti in lingua italiana simultaneamente da un interprete.
**Durante il convegno verrà allestito uno stand dove potrete trovare i libri correlati all’argomento.
***Per maggiori informazioni sul convegno rivolgersi a info@circoloproudhon.it

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Verso un’Europa post – euro?

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Il numero novembre-dicembre 2014 del periodico Italicum, che potete scaricare gratuitamente dalla pagina dei downloads

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E’ improbabile che l’Italia possa salvarsi

di Eugenio Orso
reblogged da il blog pauper class di Eugenio Orso

1. La statistica ci insegna che non c’è una perfetta “unidirezionalità”, in quanto esistono sempre probabilità che un evento si verifichi e, nello stesso tempo, probabilità contrarie al suo verificarsi. Accanto a una strada, molto praticata, ce ne può essere un’altra, con opposta direzione, che probabilmente non imboccheremo. A volte, le probabilità che un evento negativo si verifichi sono elevatissime, tali da rendere insignificanti le probabilità contrarie. E’ questo il caso italiano o, più esattamente, della probabilità che ha l’Italia di salvarsi e di uscire da una crisi interminabile, che potrebbe “terminare” il paese.
Di seguito, vedremo perché l’Italia ha bassissime probabilità di uscire dal tunnel della crisi, con l’aggravante che non c’è più il tempo per invertire la direzione di marcia e tutti gli indicatori volgono inesorabilmente al brutto.
E’ bene definire, in primo luogo, quali sono questi indicatori:
a) Indicatori economici e finanziari.
b) Indicatori, o meglio, aspetti sociali e politici.
c) Situazione internazionale e possibile evoluzione geopolitica, nel breve, della stessa.

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Caro Costanzo,

Costanzo_Preve
oggi 23 novembre è un anno che non sei più tra noi. Sembra passato tanto tempo, come se con la tua vita terrena si fosse posto fine ad un’epoca, sembra essere svanito un modo di essere di una comunità di giovani ed anziani, di colti ed incolti, di personaggi delle più diverse ed opposte provenienze, avvicinatisi tutti a te per ansia di sapere, di conoscere il tempo in cui viviamo e soprattutto trascinati dalla passione di non essere rassegnati al fatalismo imperante dinanzi ad un nemico che pare invincibile. La tua umanità, il tuo dialogo serrato, era capace di infondere in tutti l’ansia di conoscere le cause e le radici profonde di questo tragico ed insieme oscuro presente.
Hai creato intorno a te una comunità spontanea, superando i dogmi ed i pregiudizi ideologici, senza proclami, manifesti e promesse messianiche di improbabili paradisi futuribili. Una comunità che si è riunita intorno a te, attratta da un pensiero non conforme, una voce estranea alla omologazione a questo presente capitalista, che tutto fagocita nell’economicismo globale, nella sua gabbia d’acciaio immanente.
Sulle ceneri della fine delle ideologie novecentesche, sembra svanire ogni possibile prospettiva di future trasformazione della società. L’avvento della globalizzazione liberista distrugge infatti qualsiasi orizzonte del divenire della storia. Con la globalizzazione e quindi con il dominio mondialista della superpotenza USA.
Caro Costanzo, tu non hai mai fatto mistero della tua emarginazione, che anzi ha costituito per te un motivo di orgoglio, dinanzi ai tradimenti dei tuoi vecchi compagni, che hanno preferito fama mediatica e gratificazioni materiali vendendo se stessi a la propria coscienza alla mercificazione capitalista e all’indifferentismo etico. Hai preferito la solitudine e l’avventura del pensiero alla morte dello spirito.
La tua innata coerenza non è stata l’etica dell’epigone di un mondo scomparso, perché il tuo pensiero non è un lascito testimoniale del ‘900 ormai concluso, ma la presa di coscienza di un momento storico di estrema decadenza di valori etici comunitari verificatosi con l’avvento del capitalismo assoluto. Momento storico cui occorreva dare risposte in termini filosofici e politici. Sei stato l’immagine vivente delle idee universali della filosofia che sopravvivono alle catastrofi materiali e morali di questa umanità, perchè solo in tali idee si può ricercare la genesi, lo sviluppo, il fine stesso della storia, perché la filosofia è ricerca incessante della verità. E’ stata infatti la ricerca inesausta della verità il principio e il fine ultimo della tua opera. Verità oscurata e ripudiata dal relativismo etico imperante.
Il grande valore umano prima che culturale del tuo pensiero è dato dalla coscienza che nella filosofia non si danno mai risposte definitive. Hai infatti sconfessato le pseudo verità dogmatiche delle ideologie, in nome della libertà del pensiero e soprattutto hai affermato il concetto del limite proprio della filosofia greca. Se nel nostro tempo sono illimitate la ricchezza, la produzione, la finanza, il consumo e il progresso, sono anche senza limiti la povertà, l’oppressione, il debito, il default, insieme con la brama di dominio militare e politico sull’intera umanità. L’illimitatezza esprime il pervertimento di una umanità in cui le strutture sociali comunitarie si vanno dissolvendo e con esse gli stati, i popoli, le identità individuali e collettive. Il senso del limite è il fondamento della “buona vita” aristotelica, dell’essere sociale dell’uomo, che oggi rappresenta il cardine di ogni forma di resistenza al capitalismo assoluto.
Le tue idee hanno un profondo significato rivoluzionario, perché in esse si scorgono le potenzialità di trasformazione sociali, etiche e politiche future, anche se ancora non se ne può pronosticare il verificarsi.
Hai lasciato in noi un vuoto profondo, è venuta a mancare la risposta a tanti perché, un punto di riferimento morale, ancor prima che culturale e politico. Ma è proprio in questo vuoto che avvertiamo la tua presenza, perché esso ci induce a far nostro il tuo pensiero, che costituisce il necessario parametro del nostro giudizio critico. Vogliamo essere con te i precursori dei nuovi tempi. Tu stesso hai affermato: “Non ci sono ovviamente garanzie, ma credo che si incominci ad intravvedere la strada giusta: bisogna cominciare a resistere, essere pienamente coscienti che è giusto farlo, non farsi spaventare dall’ultimatum , e soprattutto sapere che nessun mito emancipatore si è ancora costituito e mondializzato, ma ne esistono i primi vagiti e i primi presupposti. E’ già abbastanza”
Luigi Tedeschi

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Calo del Pil: un nuovo esproprio previdenziale

di Luigi Tedeschi
pensionati
La recessione italiana è senza sbocchi. Le legislazioni antisociali attuate su diktat europeo non potranno che renderla irreversibile. Il calo del Pil infatti decurta le future pensioni. L’abbattimento progressivo dello stato sociale, che aveva già sortito effetti penalizzanti sulle pensioni con la riforma Dini del 1995, che aveva introdotto il sistema contributivo in luogo di quello retributivo, e la successiva riforma Fornero, che ha allungato la vita lavorativa fino a 67 anni, si è reso ancor più evidente con il calo del Pil. Infatti, secondo quanto stabilito dalla riforma Dini, il montante contributivo, cioè l’ammontare dei versamenti effettuati dai contribuenti, viene rivalutato ogni anno ad un tasso di capitalizzazione calcolato sul Pil degli ultimi 5 anni.
Il Pil italiano non cresce dal 2011 e registra un decremento del 5,5 % rispetto al 2009. Quindi un Pil negativo registratosi nel 2013, dà luogo ad un tasso di capitalizzazione negativo (- 0,1927%), che determina non una rivalutazione, ma una svalutazione del montante contributivo, con conseguente decurtazione delle future pensioni. Date le fosche previsioni per i prossimi anni circa la crescita in Italia, la cui economia dovrebbe anzi registrare stagnazione se non ulteriore recessione, tali effetti, già penalizzanti, potrebbero ripetersi ed accentuarsi nei prossimi anni. Si prevede per il 2014 un decremento del Pil dello 0,4%.
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La quarta guerra mondiale

Italicum sett-ott-2014
Il numero settembre-ottobre 2014 del periodico Italicum, che potete scaricare gratuitamente dalla pagina dei downloads

Editoriali
Luigi Tedeschi: Quanto durerà la “gabbia d’acciaio” europea? 2
Marco Della Luna: Dove portano queste riforme 5

Focus: La quarta guerra mondiale
Costanzo Preve: La quarta guerra mondiale 9
Franco Cardini: Ancora sull’Isis: un tocco di esoterismo, una punta di simbolismo… 15
Agostino Fusar Poli: L’Italia a rimorchio di UE ed USA contro la Federazione russa 17
Claudia Regina Carchidi: L’Argentina marcia verso un altro incubo 19

Attualità
Mario Porrini: La Farnesina senza guida dimentica i marò 20
Augusto Sinagra: Enrico Letta, Scozia indipendentista ed unione europea 21

Cultura
Adriano Segatori: Relativismo buonista e perbenismo ipocrita 24
Eugenio Orso: Un’altra specie 25
Luca Lonello Rimbotti: Giovanni Gentile: dal marxismo all’umanesimo del lavoro 27
Carlo Bertani: Andarsene 30

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L’indipendenza della Scozia è un evento auspicabile oppure no?

di Luigi Tedeschi
nazionalista-scozzese
L’indipendenza della Scozia è un evento auspicabile oppure no? Il referendum del 18 settembre ha un rilievo che travalica la eventuale secessione della Scozia dal Regno Unito di cui da secoli è stata parte integrante. L’autodeterminazione dei popoli è un principio sancito dalle Nazioni Unite e che ha determinato le sorti della geopolitica europea dalla prima guerra mondiale in poi. Non c’è dunque da rammaricarsi per lo smembramento di un Regno Unito che è stato fondato in concomitanza della conquista degli stati limitrofi e ha poi esteso il suo dominio coloniale sui continenti nel corso dei secoli passati. Le identità dei popoli nell’era della globalizzazione spesso si riaffermano quali fenomeni di rigetto verso un sistema di dominio economico e politico planetario.
La Scozia, fu unita all’Inghilterra mediante la sigla dell’ Act Union del 1707, che diede vita alla Gran Bretagna. In realtà tale unione rappresentò una annessione all’Inghilterra, che estese il suo dominio politico ed economico sulla Scozia. L’Inghilterra e la Scozia avevano identità e cultura tra loro diverse. Nel ‘500 il regno scozzese era legato alla Francia in funzione anti inglese. Con la riforma protestante la Scozia divenne calvinista e aderì alla Chiesa presbiteriana, contrapponendosi a quella anglicana. La conquista inglese comportò la recinzione delle terre comuni e la creazione di fattorie con relativa gestione in forma capitalista della agricoltura locale. Gli inglesi inoltre si appropriarono di vaste aree già destinate al pascolo che divennero tenute adibite all’allevamento e alla caccia. Tali trasformazioni dell’agricoltura scozzese rappresentarono un colpo mortale per la cultura autoctona e per una economia già dedita alla pastorizia. I mercanti scozzesi furono inoltre esclusi dalle reti commerciali instauratesi tra l’Inghilterra e le colonie delle Indie orientali e del Nord America. L’impoverimento della popolazione determinò massicce ondate migratorie scozzesi e l’arruolamento in massa nell’esercito inglese. La rivoluzione industriale favorì l’inurbamento della popolazione nella città di Glasgow, dando vita alla povertà diffusa di un proletariato industriale che duramente pagò le conseguenze delle crisi economiche susseguitesi. Tali eventi sono rimasti nella memoria storica del popolo scozzese e hanno suscitato alla lunga un sentimento indipendentista, quale recupero di una identità perduta.
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